Nei giorni scorsi abbiamo parlato della lettera che una madre di un ex studente del Liceo Golgi di Breno, dello scientifico scienze applicate, aveva inviato ai media locali (nonché alle istituzioni e amministrazioni e all’Ufficio scolastico provinciale e regionale) per raccontare la sua esperienza e quella di altri 8 compagni di classe, che, a novembre, a due mesi dall’inizio del secondo anno di liceo, hanno deciso di ritirarsi e di proseguire altrove i loro studi superiori.

La lettera descriveva una situazione di grave difficoltà con un docente, più volte segnalata al dirigente del Golgi Alessandro Papale nel corso dell’anno scolastico precedente; in particolare gli atteggiamenti e i metodi di insegnamento dell’insegnante verso tutta la classe, che a stento riusciva a raggiungere la sufficienza nella sua materia. La donna nel suo lungo sfogo, (condiviso poi da tantissime persone sui social e appoggiato da molti nostri lettori che ci hanno scritto mail e messaggi dichiarando di avere vissuto o stare vivendo la medesima situazione al Golgi) ha espresso rammarico per come è stato gestito il problema. “Quello che è stato fatto”, denunciava l’autrice della lettera, facendosi portavoce anche dei genitori degli altri alunni, “è stato far pesare a chi non riesce le sue difficoltà, usando espressioni mortificanti e facendo vacillare la sicurezza degli studenti non solo da un punto di vista scolastico ma anche personale e psicologico”.

A due settimane da quella lettera un gruppo di docenti dello stesso Liceo Golgi ha espresso solidarietà alla madre, scrivendo una lettera che a sua volta è stata recapitata ai media locali. Il testo è stato firmato da più di 60 docenti, che, in un solo giorno, quello dei colloqui generali, ne hanno condiviso il contenuto. 

“È stato doloroso leggere in questi giorni la lettera coraggiosa di una madre in merito alla situazione di una classe seconda del nostro Liceo, a seguito della quale abbiamo appreso di una situazione difficile, che coinvolge anche studenti di altre classi” scrivono. “Esprimiamo pertanto la nostra solidarietà agli studenti, alle loro famiglie, e a tutti coloro che, che facendo la stessa difficile scelta, hanno lasciato silenziosamente il Liceo che avevano scelto e nel quale avevano creduto, ed apprezziamo il lavoro svolto all’interno della classe da tanti nostri colleghi che, a fatica, hanno cercato di arginare la situazione, sostenendo e incoraggiando gli studenti”.

Prosegue la lettera dei docenti: “Quella che viene segnalata non è la nostra idea di scuola, nella quale, certo, non ci riconosciamo, non è la scuola che, come comunità educante, abbiamo cercato di costruire con passione e dedizione nel corso di tanti anni. Al centro della nostra azione didattico-educativa noi mettiamo sempre lo studente, innanzi tutto come persona, e l’obiettivo chiaro di tale azione è sempre stato il suo successo formativo, nel rispetto dei tempi e degli stili di apprendimento di ciascuno” e sottolineano: “La scuola in cui ci riconosciamo è quella dell’inclusione e della formazione, della quale continueremo a difendere i principi che da sempre abbiamo condiviso tra di noi e con le famiglie dei nostri studenti”.

La nostra redazione è a disposizione della dirigenza scolastica, garantendole lo stesso spazio qualora volesse rispondere ai 60 docenti, nonché alla lettera della madre.

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