“Sono grata a tutti coloro che mi hanno dato la possibilità di conoscere mio papà”. Con queste parole giovedì 16 gennaio, a Casa Panzerini, Stefania Spera (classe 1938) ha commosso tutti. Pubblico, amministratori e ricercatori che a vario titolo hanno collaborato affinché si potesse arrivare alla posa della pietra d’inciampo in memoria del padre, Giuseppe Luigi Spera, prigioniero politico residente a Cedegolo e morto in campo di concentramento nel 1945.
I lunghi mesi di preparazione alla posa vera e propria – che si terrà venerdì 24 gennaio a Cedegolo – hanno visto l’intenso coinvolgimento dei discendenti di Spera e anche delle scuole. Un centinaio in tutto gli studenti coinvolti, racconta Katia Bresadola, Presidente del Museo della Resistenza di Valsaviore.
“Attraverso Giuseppe i ragazzi hanno scoperto i loro nonni e uno spaccato di Cedegolo che non conoscevano: attorno a Giuseppe si è aperto un mondo”, racconta Bresadola. Il 24 sarà anche l’occasione per scoprire i lavori realizzati dai ragazzi, che si sono impegnati con elaborati artistici e scritti, raccolti in una breve pubblicazione.
Mesi di lavoro quindi che hanno portato alla luce le vicende legate all’arresto e alla deportazione di Giuseppe Luigi Spera. Originario di Margherita di Savoia, aveva sposato Maria Boldini e si era stabilito con lei a Cedegolo, paese in cui gestiva il bar-osteria Novecento. Il locale era il punto di riferimento per la 54esima Brigata Garibaldi, svolgendo un ruolo di contatto prezioso per la Resistenza.
Forse tradito, fu arrestato dalla Banda Marta durante un rastrellamento il 19 giugno del 1944 e portato in carcere prima probabilmente a Cevo, poi a Breno e a Brescia. Torturato, Spera venne trasferito poi in un campo di transito a Bolzano e infine deportato in Germania sul Convoglio 81, su cui viaggiava anche Teresio Olivelli.
Il 7 settembre 1944 giunse nel campo di concentramento di Flossenbürg. A fine mese venne trasferito nel sottocampo di Hersbruck, dove trovò la morte il 22 febbraio del 1945. La comunicazione del decesso giunse alla moglie Maria, che nel frattempo si era attivata con telegrammi agli ospedali (avendone perso le tracce dopo il trasferimento da Bolzano) solo l’11 maggio 1946.
La ricerca ha permesso inoltre di entrare in contatto con un gruppo di storici locali del paese di origine. Il 22 febbraio 2025, a 80 anni esatti dalla morte nel lager di Hersbruck, Margherita di Savoia dedicherà il Viale Lungomare a Spera.
Le pietre d’inciampo nascono dalla sensibilità dell’artista tedesco Gunter Demnig, che con grande dedizione ha dato vita a un immenso museo a cielo aperto. Ad ispirarlo anche un passaggio del Talmud: “Le Pietre d’Inciampo devono far inciampare la testa e il cuore”. Per la cultura ebraica inoltre, una persona è davvero dimenticata solo quando se ne dimentica il nome. Da qui l’importanza del ricordo.
Ad accompagnare il lavoro di Demnig il motto “Una persona, un nome, una pietra.” Le oltre 100.000 installazioni vanno dalla Norvegia all’Italia in Sicilia, dalla Spagna all’Ucraina e alla Russia. Per un totale di 27 Paesi coinvolti in un progetto che unisce l’Europa.
Ogni pietra riporta brevi indicazioni biografiche della persona uccisa a causa delle dittature e della deportazione nazi-fascista. Le iscrizioni sono realizzate a mano nella lingua della vittima: una scelta che si pone in contrasto con la brutalità della meccanizzazione sistematica del regime.
“Il progetto delle Pietre d’inciampo è mosso da un senso di giustizia”, racconta ai nostri microfoni Alberto Franchi, Coordinatore di progetto per la provincia di Brescia, nonché Presidente della Cooperativa Cattolico Democratica di Cultura.
“Un senso di giustizia accompagnato dal desiderio di fare memoria e di ridare dignità alle persone deportate e uccise nei lager. Desiderio che anima, io stimo, almeno un milione di cittadini europei che si sono fatti promotori della posa di queste pietre. Lo scopo è anche quello di guardare al passato per leggere con maggiore attenzione ed intelligenza critica il nostro presente.”
Oltre a Cedegolo nel corso del mese verranno poste anche altre pietre d’inciampo nella nostra provincia. Il 20 a Marcheno, il 25 a Brescia e il 29 gennaio a Vobarno.
La pietra verrà messa a dimora davanti al locale in cui lavorava Spera, l’attuale Bar Baraonda. Solitamente le pietre vengono posate all’ingresso delle abitazioni, per ricordare che gli orrori dello sterminio sono iniziati alle porte di casa. Trovandosi l’abitazione fuori dal paese e visto il ruolo della vecchia osteria Novecento per la Resistenza, in questo caso si è preferito fare un’eccezione.
“È stata una riscoperta da parte della comunità, sia del nome della persona che del luogo in cui ha lavorato. Memorie che non erano mai state rispolverate del tutto” commenta Nicola Moreschi, Consigliere delegato alla Cultura per il Comune di Cedegolo.
Rimuovere il ricordo era anche una strategia per andare avanti, cercando di dare tregua al dolore profondo di quegli anni. Riscoprire le vicende è stato quindi un modo per ritrovare le persone, anche a livello familiare. Lo racconta bene Stefania Spera, figlia di Giuseppe Luigi, che da anni ormai non vive più in Valle Camonica ma che è sempre rimasta legata a Cedegolo:
“Questa cosa è servita alla mamma per sciogliere un blocco e tornare a parlare del suo papà con orgoglio, mentre prima era una figura quasi negata, con un’ombra”, si emoziona anche Laura Chignoli, figlia della signora Stefania. “Adesso invece abbiamo capito quanto bene ci ha voluto.”
A Luigi Spera e alla posa della pietra in sua memoria, Radio Voce Camuna dedica una puntata di VocePRESENTE, in onda venerdì 24 gennaio alle ore 10:05. Ascolteremo le nostre interviste a Katia Bresadola, Alberto Franchi, Nicola Moreschi e Stefania Spera con la figlia Laura. La puntata si potrà riascoltare sul nostro sito.