Il valore documentario del CD è ben chiarito dal sottotitolo: “Canti alpini e militari dal 1896 al 1943”. Che il genere piaccia o non piaccia (il coro alpino “spacca” nel senso che divide), non si può che lodare questa preziosa raccolta.

Non solo una compilation di motivi celebri. Anzi, chi si avvicinasse al disco con queste intenzioni potrebbe rimanere deluso, constatata l’assenza di alcuni pezzi ‘ruffiani’ che rendono universale il genere. Quella che incontriamo in questo lavoro è una puntigliosa ricerca di storia della musica che ha analizzato il senso e il valore del canto come costante strumento di identità delle truppe impegnate nelle azioni di guerra del periodo compreso tra il 1896 e il 1943. Accanto alla qualità del cantato, che diamo per scontata considerata la professionalità della formazione, è senza dubbio da segnalare il prezioso libretto che accompagna il disco. Atteso l’alto livello del progetto non stupisce trovare un’introduzione del Capo di Stato Maggiore della Difesa che inneggia alla promozione “dell’ideale di Patria e dei fondamentali valori di fratellanza e solidarietà”. I testi illustrativi dei canti sono dovuti a Massimo Marescotti, che non a caso figura in copertina come coautore e che si è occupato anche della ricerca iconografica.

Introdotta nel libretto dalla felice nota di Aldo Cazzullo, la proposta musicale si apre con un brano tutt’altro che convenzionale, sia sul fronte del repertorio, quanto in riferimento al testo che, è vero, alla mamma si rivolge, ma lo fa con contenuti decisamente critici (“maledette quelle contrade, quei sentieri polverosi, sia d’inverno sia d’estate qua si crepa di calor”). E’ il canto dei soldati in Africa nel 1896, ripreso nel 14 – 18 in Cadorna manda a dire. Esplicita descrizione di guerra nel brano che segue, dedicato agli Alpini in Libia (“e a colpi disperati mezzi massacrati dalle baionette, i turchi fuggivano gridando: Alpini abbiate pietà. Sulle dune coperte di sabbia, i tuoi Alpini, o Italia, morivano, ma nelle veglie ancor ti sognavano, con la morosa e la mamma nel cuor”). Non manca una preziosa citazione locale nell’invocazione “o montagne tutte bele Valcamonica del mio cuor”. Superati i classici riferimenti al cifolo del vapore che porta al Monte Canino, eccoci alla Tradotta che porta al Piave a sua volta foriera di un testo profondamente giornalistico in cui il fiume è descritto come “cimitero della gioventù. Siam partiti in ventinove e in sette siam tornati qua”. La descrizione della guerra come dramma si mantiene presente in Monte Nero e nella più ‘politica’ O Gorizia tu sei maledetta che comunque si conclude con uno straziante “raccomando ai compagni vicini di tenermi di conto i bambini che io muoio col lor nome nel cuor”.

Temi antichi si riadattano in nuove canzoni, filologicamente ricostruiti nei passaggi essenziali della loro storia, tessono un filo comune melodico che lasciate le ballate popolari del ‘600 europeo, si fa attuale in testi che descrivono la cronaca degli eventi, adattandosi alle battaglie nuove, in un costante gemellaggio fra le due grandi guerre. Per chi si accostasse per la prima volta al repertorio Alpino, o per quanti lo avessero fatto senza dare tanta importanza ai testi, il CD offre l’occasione di una riflessione logica del genere, talmente estremo ed esplicito nei contenuti da non aver nulla ad invidiare al rap contemporaneo e al tempo stesso talmente pacifista, nella descrizione della crudeltà della guerra, che sorprende non essere stato oggetto di censura.

Nessuna scusa per gli insegnanti, di Musica o di Storia: qui dentro c’è materiale documentario di prima mano su cui lavorare a lungo.

Coro A.N.A. Milano – Massimo Marchesotti, La mia bela la mi aspeta, Universal Music, 2016

Share This