Si attendono ulteriori decisioni da parte della Procura di Brescia in merito ad una eventuale autopsia oppure alla restituzione della salma dell’escursionista Marco Borsari alla sua famiglia. Il 46enne di Bologna è morto precipitando in un canalone sul Dosso Pasò Alto, tra Corteno Golgi e Aprica e il suo corpo è stato rinvenuto sabato mattina in seguito alle segnalazioni di altri alpinisti.
Mentre si procede con gli accertamenti, il primo esame della salma ha messo in evidenza i violentissimi traumi compatibili con una caduta, e si ritiene che siano stati quelli a determinare il decesso. Stando a una prima ricostruzione fatta dai militari del Soccorso alpino della Guardia di finanza di Edolo, intervenuti con i tecnici del Cnsas delle stazioni di Aprica e di Edolo, l’escursionista si trovava da solo lungo il sentiero quando è precipitato nel dirupo.
E da solo era arrivato San Pietro di Aprica il 5 luglio, affittando una stanza di un residence. Nessuno si è accorto della sua assenza fino a sabato, quando è stato identificato dai soccorritori. La Guardia di Finanza, con la stazione Soccorso Alpino di Edolo, ha raccolto tutti gli elementi necessari al fascicolo che è poi stato trasmesso alla Procura.
Intanto l’attenzione agli incidenti in montagna è massima, dopo un fine settimana molto intenso per il Cnsas. Da gennaio a oggi le vittime sono già nove sulle cime della nostra provincia, nel 2022 se n’erano registrate sei. Nel 2022 i tecnici della V Delegazione bresciana del Cnsas hanno effettuato 229 interventi – in media uno ogni 38 ore – in aumento del 30% rispetto al 2021. Dopo il lockdown è andata in crescendo l’attrattività della montagna, spesso affrontata senza un’adeguata preparazione e consapevolezza. Le cime sono sempre più affollate e c’è troppa imprudenza nell’affrontare sentieri impervi, afferma il Soccorso alpino V Delegazione bresciana, che in questo periodo con le sue squadre territoriali si trova a gestire più di un intervento al giorno.