Alberto Bertoni, il poeta archivista di ricordi è un titolo che non abbiamo scelto – del tutto – noi. La definizione non è nostra. Prende spunto da un suo componimento dedicato al padre, affetto da Alzheimer. L’istantanea fotografica di una memoria legata al lavoro paterno con Enzo Ferrari, che diventa punto di partenza per comprendere meglio il significato della malattia, oltre che della poesia. Se vi stiamo raccontando questa storia è perché abbiamo partecipato all’evento “Mi scusi, cos’è per lei la poesia?”. Secondo appuntamento dell’undicesima edizione di “InCerti luoghi”, dell’Ass. Molecole, tenutosi sabato 29 giugno al Mupre, Capo di Ponte.

breve estratto dall’intervista ad Anastasia Guarinoni, dell’Ass. Molecole

Alberto Bertoni, il poeta archivista di ricordi – ormai ci piace chiamarlo così – ha dialogato con Stefano Malosso. Una conversazione lunga e intensa, vera. Interrotta solo dagli applausi dell’attento pubblico, al termine di ogni risposta. Quasi una lezione universitaria, ma con molto più cuore. E, del resto, quello di “accademico” non è solo un nomignolo “malignamente” affibbiato al poeta. Da oltre trent’anni infatti, Bertoni riveste anche il ruolo di docente universitario.

Alberto Bertoni con Stefano Malosso

Classe 1955, Alberto Bertoni nasce a Modena e già in seconda media si ammala di poesia. Ha 12 anni quando nel testo di antologia scolastica trova tre autori di cui in classe non si è ancora parlato: Ungaretti, Quasimodo e Montale. Con quest’ultimo, è un vero e proprio colpo di fulmine. Legge, precocemente e troppo giovane per comprenderla, l’edizione completa della raccolta “Ossi di seppia”. Nel frattempo, complice una giornata uggiosa e una delusione calcistica, si è già fatto dare un pezzo di carta e ha cominciato a scrivere versi:

breve estratto dalla nostra intervista al poeta Alberto Bertoni

Parlare di poesia in un museo di archeologia costituisce, forse, un azzardo. Significa offrire come palcoscenico un contesto che espone un mondo in cui la parola scritta giocava da assente. Ma, in fondo, è proprio questo il bello. Da sempre l’uomo si pregia del diritto di raccontarsi, raccontando storie. E la poesia – un po’ come la musica – si dimostra viva e imperitura oltre il verso scritto. Restando nella memoria di quell’apprendere “par coeur”. Con il cuore, tanto da non dimenticare mai.

La musica è stata a sua volta presente in questa lunga mattinata. Tra teche di ornamenti, coltelli e reperti di antiche case e animali, risuonava gentile. Erano le note di “Echi dal passato”, suggestioni sonore a cura di Marco Tiraboschi e della sua chitarra. Una presa di consapevolezza musicale sulla caducità del tempo. E sul perdurare – pallido e assorto – dei frammenti di epoche lontane. Restano in noi, come suoni di una vecchia canzone o armonie di arie orientali.

Marco Tiraboschi

Ci abbracciano nella memoria individuale e collettiva che, anche e forse proprio grazie ai poeti, ricomponiamo continuamente. Ogni giorno di questa Terra. Attraversata da popoli sempre diversi, eppure, così simili nel loro desiderio di lasciare traccia. Un segno tangibile del loro passaggio. Come i presenti hanno potuto riscoprire grazie alla visita guidata del Museo con la sua Direttrice, Giuseppina Ruggiero. Per il Mupre – e per tutti i siti della rete archeologica camuna – l’estate appena iniziata si preannuncia intensa. Qualcosa è già stato annunciato e maggiori informazioni si troveranno, presto, su siti e pagine social dedicate.

Breve estratto dall’intervista alla Dott.ssa Ruggiero

Di Alberto Bertoni, il poeta archivista di ricordi, ci risuonano ancora in mente le parole, preziose. “La poesia è il modo potenziato e igienizzato dell’uso del linguaggio. E il linguaggio è lo strumento che caratterizza e promuove il genere umano.” Eppure, delle parole della lingua italiana, conosciamo davvero poco. Dimentichiamo invece molto: di noi, del lessico che ci è stato donato, persino della bellezza d’imparare a memoria dei versi.

In Italia, incalza Bertoni, in tre milioni scrivono poesie; metà di questi le vorrebbe veder pubblicate. Ma gli editori devono fare i conti con un altro, disarmante numero: sono solo in 3.000 ad acquistarle. Forse proprio perché l’atto di leggere una poesia risulta complesso. Complice la disaffezione verso la nostra capacità linguistica.

Una carenza che si fa sentire non solo nelle librerie o sui banchi di scuola. Ma proprio in quei momenti più bui dell’esistenza, in cui una manciata di versi può fare la differenza per ritrovare la propria incandescente scintilla. E Bertoni parla anche di sofferenza. Del dolore profondo che scaturisce da un padre, affetto da Alzheimer, che ha smesso di riconoscere il mondo. Un tormento alla base di una produzione poetica dedicata di oltre vent’anni, che l’ha avvicinato a luminari dello studio delle malattie neurodegenerative, come il Prof. Trabucchi. Medico che ha sancito la definizione scelta da noi per il titolo dell’articolo.

E che l’ha portato ad approfondire il ruolo della parola e il compito del poeta. Salvare istantanee, come fotografie, di ciò che accade ed è accaduto. Traducendole in una lingua potente e fragile insieme. Capace di raccontarci, sempre, qualcosa di noi.

Le interviste a Maria Giuseppina Ruggiero, Alberto Bertoni, Marco Tiraboschi, Anastasia Guarinoni e Stefano Malosso si potranno ascoltare durante la puntata di VocePRESENTE in onda venerdì 12 luglio alle ore 10:10 su Radio Voce Camuna. L’episodio sarà poi disponibile sul nostro sito, alla pagina della trasmissione.

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