Il bostrico ha ampiamente segnato i boschi della Valle Camonica. Una presenza che pare oggi essere in regressione.
Un’infestazione ampiamente documentata quella del bostrico in Valle Camonica. Tanto che, anche per i non esperti di Entomologia forestale, è sufficiente fare una breve ricerca online per approfondire con seminari registrati, articoli e dossier.
Il bostrico tipografo (Ips typographus) è un coleottero grande come un chicco di riso. Un parassita che vive sotto le cortecce degli abeti rossi, prediligendo le piante deboli. Le cortecce sono forate dagli individui maschi per raggiungere i tessuti degli strati sottostanti, scavati da gallerie.
Le femmine sopraggiungono in seguito, scavano a loro volta e in seguito depongono le uova, da cui emergono larve che aumentano il diametro delle gallerie, lasciando strascichi escrementizi e traendo vantaggio della colonizzazione simultanea da parte di funghi simbionti. Un processo multigenerazionale, che di larva in insetto adulto coinvolge più individui parassitari.
L’abete cerca di difendersi emettendo resina, ingaggiando una battaglia che sfiacca la pianta. L’abete dissecca, con la chioma in una prima fase ancora densa ma dal colore rosso ruggine. L’albero muore nel giro di 6-7 settimane e può restare “morto in piedi” per diverso tempo.
Ad inibire la proliferazione degli insetti è l’abbassamento delle temperature, cosa che il riscaldamento climatico sta contrastando. La Valle Camonica, particolarmente colpita dalla tempesta Vaia la sera del 29 ottobre 2018, presenta anche questo fattore di debolezza, che il bostrico sfrutta.
I boschi camuni sono quindi prima stati distrutti dalla Vaia per 1.000 ettari, per poi venire rinsecchiti dal bostrico, dal 2020, su oltre 1.500 ettari. Tra le aree più colpite c’è la Valpalot (Pisogne), ma non è di certo l’unica.
Le macchie color ruggine si estendono sul manto forestale dell’Altopiano del sole, Valgrigna, Valpaghera, Valsaviore, Val Malga, Val d’Avio. Senza risparmiare aree iconiche per il turismo (come la Valsozzine) o per la tutela ambientale (Val Brandet e Valle di Campovecchio).
Dopo un’impennata d’infestazione pare essere in corso una sorta di calo fisiologico. Nella dichiarazione rilasciata al Giornale di Brescia da Gian Battista Sangalli, Direttore del settore bonifica della Comunità Montana, si parla infatti di regressione del bostrico.
Se il 2023 è stato l’anno di picco, già nel 2024 si è iniziato a riscontrare un calo numerico degli insetti catturati nelle trappole installate e delle superfici colpite.
Il bostrico non è un nemico semplice da affrontare, anche perché non si può davvero sconfiggere. Ci sono oltre un centinaio di antagonisti naturali, ma agiscono tutti ad attacco avvenuto, non in maniera preventiva.
Ciò che si può fare è togliere dai boschi le carcasse delle piante morte, per piantarne di nuove e resistenti come il faggio o l’abete bianco (che a differenza del rosso non viene intaccato dal bostrico tipografo) – scelta particolarmente onerosa – oppure aspettare che la natura faccia il suo corso continuando a monitorare il fenomeno.
Quest’ultima la strada scelta dagli Enti di un territorio che, tra le altre cose, presenta una serie di piccoli appezzamenti coltivati ad abete di natura privata.
Tirando le somme, il bostrico sta incidendo sul paradigma visivo dei boschi alpini, con disagi alla filiera del legno e della stabilità idrogeologica del territorio accompagnati da forti reazioni emotive.
Ma la regressione in corso c’invita a ragionare sul dopo e sulle specie vegetali che prenderanno piede anche nel nostro immaginario collettivo. Ripensando luoghi che viviamo come identitari e strategici per il turismo e che è lecito pensare vivranno una stagione di maggiore varietà paesaggistica.