Archeologia, come comunicarla? Una risorsa che viene ancora considerata solo nelle castigate vesti di disciplina accademica: ambito del sapere e dello studio scientifico dallo scarso appeal turistico.
Alla base di questa, limitante, visione, si pone anche il modo in cui il patrimonio archeologico viene raccontato. Sotto quest’aspetto, la Valle Camonica non fa certo eccezione.
Il tema è stato al cento di un confronto (il terzo dell’iniziativa Cantieri aperti) organizzato dalla Comunità Montana di Valle Camonica.
Tenutosi la sera di lunedì 14 aprile presso l’Auditorium Mazzoli a Breno, l’incontro non si può dire sia andato deserto. Ma certamente non ha richiamato grandi folle.
L’esiguo numero di partecipanti ha comunque permesso di avviare uno stimolante scambio di opinioni sulle modalità attualmente in essere per raccontare i nostri siti UNESCO.
E, anche, una raccolta di spunti su cosa si potrebbe fare per raggiungere due traguardi tra loro molto diversi, ma a parimerito importanti: i camuni di oggi e i potenziali turisti.

Nel corso degli anni, l’arte rupestre di Valle Camonica è stata raccontata con strumenti e approcci tra loro anche molto lontani. Dalla comunicazione social al coinvolgimento delle scuole, dalla pubblicazione di settore al video emozionale.
Progetti declinati nei termini dell’inclusione si sono alternati, viaggiando anche in contemporanea, ad installazioni visive presso centri commerciali. Tanto che, verrebbe da dire a chiosa dell’incontro: “le abbiamo provate tutte.”
Eppure, come emerso anche dal resoconto sul progetto Immersione rupestre e dal settore ospitalità, manca sempre qualcosa. I turisti che arrivano chiedono opuscoli, informazioni declinate sulla base di necessità semplici ma specifiche. E, soprattutto, manifestano approcci diversi.
Chi ha conosciuto le incisioni rupestri in gita scolastica, pare avere perso la voglia di ritrovarle da adulto. In netto contrasto con casi di turisti stranieri che hanno scoperto la valle proprio grazie a un reperto o a una citazione presso un museo d’Oltralpe.
Di esempi – e relative riflessioni – l’incontro ne ha fatti emergere parecchi. Così come l’eterno interrogativo: quante risorse, in primis economiche, serve mettere in campo per arrivare al turismo “che conta”, ossia a quello che porta reddito?

Paradossalmente (ma non troppo) è emersa in modo chiaro anche la necessità di avvicinarsi a chi la Valle Camonica la abita e che spesso non è informato su musei, siti e iniziative.
Una soluzione univoca per avvicinare l’arte rupestre a turisti e valligiani probabilmente non esiste. Esistono però strategie di fruizione immersiva, percorsi di storytelling incentrati sulle persone legate ai siti, nuovi laboratori con gli studenti, vetrofanie…
Tutti approcci che, aperti a suggerimenti, si sta cercando di mettere in atto. Ma che, se presi singolarmente, non bastano.
A rivelarsi sempre più essenziale è la necessità, in particolare ora che i parchi sono oggetto d’interventi di pulizia e recupero, di fare rete. Ragionando in modo sistemico, coinvolgendo stakeholder di ogni categoria.
“Abbiamo sottoposto un protocollo con Visit Brescia”, ha dichiarato Priscilla Ziliani, Assessore alla Cultura e al Turismo in Comunità Montana. “Una cosa la puoi avere, ma se non la racconti, nessuno verrà mai a scoprirla.”
Uscendo dalla logica del singolo progetto, che non sempre ha gambe abbastanza forti per proseguire da solo il cammino. Provando davvero ad immaginare, di concerto, che cosa vuole il turista e che cosa, allo stesso tempo, attrae il cittadino.