In 72 pagine di motivazioni, i giudici di secondo grado che hanno confermato nel processo d’appello la sentenza all’ergastolo per Silvia e Paola Zani e Mirto Milani spiegano perché non hanno accolto le richieste della difesa di rimodulare la condanna di primo grado a seconda della responsabilità di ciasuno degli imputati.

I tre sono in carcere per l’omicidio di Laura Ziliani, l’ex vigilessa di Temù e madre di Silvia e Paola Zani, che nel maggio 2021 ne avevano denunciato la scomparsa. Tre mesi dopo il corpo della donna fu rinvenuto vicino al fiume Oglio e, successivamente, le indagini si concentrarono su quello che gli inquirenti definirono “trio criminale”. I tre, pochi mesi dopo, in carcere, hanno ammesso il delitto.

Secondo i giudici, si legge nelle motivazioni, “non vi è mai stato sbilanciamento di ruoli fra i tre imputati, anche sotto il profilo della loro reciproca influenza, per questo è inattuabile la richiesta difensiva ‘di modulare diversamente il giudizio di responsabilità’”.

Tutti e tre, dunque, sono colpevoli allo stesso modo, diversamente da come gli avvocati degli imputati avevano sostenuto durante il processo, che aveva di fatto sciolto il trio criminale e portato i tre ad assumere ciascuno una linea difensiva differente.

I giudici confermano anche il fatto che l’omicidio sia stato premeditato: “il progetto di uccidere da parte degli imputati”, si legge, “fu elaborato, furono preparate le modalità attuative, predisposto anche il luogo del delitto, studiata l’occasione per commetterlo, preparandosi altresì al nascondimento del cadavere, munendosi a tal fine di vestiti e strumentazione apposita, predisponendo la vettura per il trasporto del cadavere, cosi dandosi ulteriormente contezza che l’evento, secondo la loro prospettazione, si doveva verificare”.

Sostenere che non ci sia stata premeditazione, secondo i giudici, “è un’interpretazione meramente difensiva, che non tiene in conto delle accurate e ripeture dichiarazioni degli imputati, che mai hanno negato un filo conduttore caratterizzante i loro pensieri per mesi, qualunque fosse il movente concreto”.

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