24 marzo 2024. Siamo in un camerino, al piano superiore del Centro Congressi di Boario. Manca poco al concerto, anzi: a quest’ora dovrebbero già essere tutti sul palco. Eppure, ci attardiamo con quest’intervista. Perché, se domandare è lecito, rispondere è cortesia. E di cortesia, nonostante lo chiamino “il guerriero”, Omar Pedrini è ben munito. La gestisce con il sorriso, con gli occhi grandi e liquidi, con la postura da gigante buono. E, soprattutto, non è avaro di ricordi.
Chiunque s’accinga ad intervistare qualcuno mentalmente formula una preghiera: “ti prego, fa’ che mi racconti qualche aneddoto!” In questo caso, cadiamo decisamente in piedi. Pedrini ama snocciolare gli eventi che lo legano alla Valle Camonica. I concerti che in questi lunghi 35 anni di carriera l’hanno portato anche nella terra delle incisioni rupestri. Le cita senza nominarle, con la stessa naturalezza con cui, tra una canzone e l’altra, rievoca Neruda. Procede per suggestioni. Scopriamo così che è qui che ha imparato a sciare, a dieci anni. E che ad affascinarlo – oltre agli amici del Bar Sport e alle scorribande enogastronomiche – c’è anche quest’indole indomita di antichi popoli che, a modo loro, si sono fatti valere. Lo spirito guerriero, appunto.
Della stessa pasta, dolce e temprata insieme, farà sfoggio sul palco. Quando si abbasseranno le luci, le centinaia di persone presenti in sala accarezzeranno con lui la chitarra. Ripercorreranno i grandi successi che, dagli anni Novanta ad oggi, hanno coronato il suo percorso artistico. Canteranno, si emozioneranno. Ma ora lui è ancora solo, con noi, davanti al registratore. Non sembra a disagio: ha l’aria di uno che ama la compagnia – quando è buona – tanto quanto la solitudine. Forse è qualcosa che si apprende con la malattia. Forse invece è una caratteristica che uno si culla dentro, come un’Ave Maria, oppure una lettera ai propri genitori. Scritta e mai spedita.
Ride, quando serve. Gli sorridono gli occhi quando racconta dei primi anni Novanta. Di quel concerto a Malonno di cui ancora serba memoria. Sul palco parlerà anche di quella volta che con lui si era esibito il coro Voci dalla Rocca. Del coro confonderà il paese, è vero. Ma rimedierà subito restituendo al pubblico la commozione provata nel riascoltare la registrazione durante la convalescenza. La valle in qualche modo gli deve essere entrata sotto la pelle.
Un po’ come l’Oglio, che paragona al Gange. Del resto, chi può definire la sacralità di un corso d’acqua se non chi lo vive e, come suggerisce lui, “ci si abbevera”? Ecco, quando si racconta così proprio non si capisce dove arrivi lo scherzo e dove si faccia strada la serietà. Probabilmente è perché coesistono, nelle sue parole così come nella pletora di emozioni che riesce a portare sul palco. C’è anche da dire che, poco prima d’iniziare la nostra intervista, nei camerini abbiamo trovato una bara di legno. Retaggio di chissà quale provino e spettacolo. È bastata quella per rendere subito tutti amici: di fronte al Fato, le inezie di ogni giorno spariscono. Avanzano le cose piccole e degne di nota. Spaccare la legna per dimostrare amore a qualcuno, salutare gli amici che vengono da lontano, tenere da parte una maglietta per il figlio di un fan.
E poi ci sono i motori. Anche il rally in qualche modo ce l’ha nel sangue. “Mio padre Roberto è stato per 20 anni Presidente del team Mille Miglia di rally”. Il rombo dei motori nel tempo è cambiato di poco. Ed è lo stesso suono, aggressivo e morbido insieme, che ha accolto Pedrini nel pomeriggio. A Breno, per le premiazioni del Camunia Rally, dove ha consegnato i trofei scendendo come un gatto dal palco, una coppa per mano. “So che vi aspettavate due belle ragazze, e invece…”
E invece è arrivato lo Zio Rock. In carne ed ossa, ma con tanto spirito. Dove per spirito non intendiamo la bevanda, quanto la capacità di cercare la spiritualità anche dove può sembrare meno comune. In un giro di carte con gli amici o una serata di solidarietà voluta dalla Famiglia Zagami della New Turbomark Rally Team per le cooperative Azzurra e Arcobaleno. Nel chiudere gli occhi, con delicatezza e profondità, mentre presta la propria voce a “Redemption Song”. La canzone che Bob Marley ha scritto da malato, portandola al mondo mentre perdeva anche i dreadlock. Di cose da raccontare, di questa chiacchierata con Omar Pedrini, ce ne sarebbero davvero ancora tante… Ma è ora di salire sul palco, insieme all’incredibile voce di Davide Apollo e all’altrettanto incredibile talento del giovane chitarrista Simone Zoni.
Scivoliamo fuori dal camerino tenendoci addosso la piacevole sensazione di esserci seduti al bar con un uomo. Come se al posto del registratore avessimo avuto davanti due bicchieri di rosso e qualcosa da sgranocchiare. Magari proveniente proprio dalla sua tenuta, la stessa che aprirà ufficialmente al pubblico tra poco, pochissimo. Ci teniamo stretto il piacere d’aver chiacchierato con qualcuno che ha ancora voglia “di contarla su”, come si direbbe da noi. In fondo, è proprio questo il bello di parlare con lo Zio Rock.
L’intervista completa ad Omar Pedrini – e all’equipaggio vincitore della decima edizione del Camunia Rally – si potrà ascoltare durante la puntata di VocePRESENTE in onda alle 10:10 di venerdì 5 aprile. Il podcast verrà poi caricato sulla pagina della trasmissione.